«Hugo Cabret» di Martin Scorsese
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L’orologio della stazione ferroviaria di Parigi è un ottimo
punto di osservazione per il ragazzino dalle mille risorse, Hugo Cabret. Alla
morte dei suoi genitori Hugo (Asa Butterfield) è costretto ad andare a vivere con lo scontroso e
ubriacone dello zio paterno, addetto alla manutenzione degli orologi nella stazione
ferroviaria di Parigi ed è proprio lui a insegnargli tutto sugli orologi. Tuttavia, il ragazzino è più impegnato a cercare di scoprire un segreto di suo padre che a segnalare la scomparsa dello zio, ma ciò
lo porterà a incontrare un particolare venditore di giocattoli, Papà George (Ben Kingsley) e la sua figlia
adottiva Isabelle (Chloë Grace Moret).
"Se ti sei mai chiesto dove vengono creati i tuoi sogni,
guardati attorno, vengono creati qui."
Scena film Hugo Cabret |
Hugo Cabret di Martin-Scorsese |
Tuttavia, proprio perché tratto da un romanzo, la storia
trasportata nel cinema sembra perdere qualcosa d’importante. Probabilmente il
ritmo originale del racconto. Infatti, sembra essere quasi fin troppo discontinuo il
modo di narrare, così, velocizzando e allungando le scene, si rischia di
distrarre spesso lo spettatore. D' altra parte è evidente che in realtà l’intera opera
vuole essere anche un omaggio alle origini della cinematografia nei suoi contenuti,
nelle sue convinzioni e nelle sue abilità tecniche, messe in evidenza dall’ interpretazione
di Asa Butterfield (Hugo) che guarda il mondo scoprendo ogni giorno qualcosa di
meraviglioso, come accadeva a chi realizzava e/o guardava i film delle origini.
Poi c’è papà George interpretato da Ben Kingsley che appare un uomo deluso, nostalgico e che si
rivolge al passato pensando a ciò che nel presente non ha più e che rendeva
la sua vita “magica”, facendo a mio parere passare in secondo piano l'omaggio esplicito al romanzo.
Nonostante ciò, in generale la storia e tutti i personaggi sono caratterizzati dalla
speranza che il “passato” torni per capire cosa succede nel “presente”, cosa
gli riserve il “futuro” e come dice Hugo, gli piace "immaginare che il mondo sia
un unico grande meccanismo. Sai, le macchine non hanno pezzi in più. Hanno
esattamente il numero e il tipo di pezzi che servono. Così io penso che se il
mondo è una grande macchina, io devo essere qui per qualche motivo. E anche tu!”.
Martin Scorsese |
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